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Redazione

06/05/2020

Maniche di Camicia – Magdi Cristiano Allam

Intervista a Magdi Cristiano Allam, giornalista, politico e scrittore italiano.

Il secondo ospite di “Maniche di Camicia” è Magdi Cristiano Allam, editorialista di lungo corso de La Repubblica e Vicedirettore de Il Corriere della Sera, voce autorevole del giornalismo italiano in tema di politica italiana e internazionale.

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Innanzitutto, dobbiamo fare la scelta importante se valga la pena di salvaguardare questa Comunità Europea, nata con radici umaniste e, fagocitata dalla globalizzazione, che ci rende tutti troppo uguali.

Serve, quindi, un governo che abbia a cuore sorte degli italiani e l’interesse supremo del paese, altrimenti, finiremo per dissolverci in una omologazione che, di questi tempi, è una realtà prevalentemente di natura finanziaria, senza un’anima.

Così come senza un’anima è questa Unione Europea, che concepisce sé stessa come euro e che ha il suo apice e il suo bene supremo nella moneta stessa.

A livello internazionale, siamo stati additati come incapaci ed incompetenti in termini di gestione dell’emergenza, probabilmente proprio perché prevale l’anima economica a scapito di quella umanistica?

Sicuramente. Non dimentichiamo che l’Europa è nata con un’identità cristiana.

La prima volta nella storia in cui compare la parola europei, intesi quei Cristiani che, sulla sponda settentrionale del Mediterraneo, si opposero all’invasione islamica, è in un documento scritto in latino e che racconta la vittoria di Carlo Martello a Poitiers nel 732.

Quindi, l’Europa nasce, come identità e come radici, cristiana. Tuttavia, oggi nega sé stessa e rifiuta la propria storia. Questo, fa sì che non ci sia quella spinta da parte dei paesi membri ad operare con quello spirito che le consentirebbe di avere un’anima.

Pensi che questo possa aver ripercussioni anche a livello locale e nazionale?

Sì, perché si opera in termini strettamente monetari e finanziari. Abbiamo la necessità di vedere una prospettiva di medio lungo termine che ci indichi una via di salvezza, che non può essere appiattita sulla dimensione finanziaria così come non può essere ispirata solo da tecnici o scienziati.

La tecnologia e la scienza sono altamente positive se sono strumenti a servizio dell’individuo, in grado di salvaguardare la nostra società che mette al centro la persona, la famiglia naturale, la comunità locale, l’economia reale che produce beni e servizi.

Viceversa, quando la persona diventa strumento della finanza e della scienza, finiamo per registrarne una schiavitù della stessa.

La chiarezza del messaggio è un pilastro dell’informazione, non pensi che sia mancata un po’ di chiarezza e di strategia di comunicazione in questa fase  emergenziale? E quella operativa? In che cosa si è sbagliato?

L’oggettività dell’informazione è venuta meno da tanti anni, dal momento in cui le società che pubblicano giornali non sono più autonome e indipendenti, ma sono in mano a rappresentanti della grande finanza internazionale.

Per quanto riguarda questa epidemia legata a Covid-19 rileviamo l’esistenza di voci spesso contrapposte che, a livello ufficiale e governativo, si esprimono sulle televisioni e sui giornali alimentando paura e confusione. Basti pensare ai comunicati quotidiani che rilascia il governo sui numeri del contagio: risultano essere dei veri e propri bollettini di guerra che preoccupano e terrorizzano la gente.

Questa non è una guerra batteriologica, il Covid non è uno strumento di sterminio di massa come nel caso dell’Asiatica o della Spagnola.

Alla gente serve una prospettiva, pensi che il sistema istituzionale debba dare un messaggio più forte? Pensi che la gente meriti di sentirsi più tutelata con delle comunicazioni diverse, più indirizzate e meno da bollettino? Cosa possiamo attenderci dall’imminente futuro?

I medici devono fare i medici mentre il governo deve fare il governo. L’emergenza sanitaria spetta ai medici, il governo deve assolutamente dare il proprio contributo affinché si salvino le vite e si curino gli ammalati ma, in parallelo, deve occuparsi degli altri italiani che sono sani, di quelli che devono lavorare e che necessitano di beni primari e di sopravvivenza.

Quello che è accaduto è un errore. Non si può bloccare oltre il 70% dell’industria, non si possono confinare nelle proprie abitazioni gli italiani con il rischio che ci siano molti più morti per disperazione piuttosto che di Coronavirus.  Queste deviazioni arrivano quando non ci sono più stabilità sociale e sicurezza.

Il Governo intervenga per dare certezza, altrimenti, si rischia che le imprese chiudano o collassino, perdendo quote di mercato e competitività.

In tema di nuove povertà, facciamo riferimento al terzo settore. Pensi che debba essere sostenuto e supportato in questo momento?

In Italia, senza volontariato e terzo settore, la situazione sarebbe molto più tragica rispetto a quanto non lo sia già, perciò, andrebbe oltremodo sostenuto. È quello che oggi garantisce una rete di solidarietà che, in un momento particolarmente critico come questo dove cresce la povertà, rappresenta un argine ad una deriva che potrebbe rilevarsi estremamente grave.

La via maestra è quella di uno Stato che introduce tutte le risorse di natura finanziaria e logistica per salvaguardare i beni elementari necessari agli italiani e che il terzo settore sia un braccio operativo che possa rapportarsi più agevolmente con la gente bisognosa, intervenendo dove lo Stato manca. 

Per quanto riguarda l’apporto della Chiesa?

Sono seriamente preoccupato per l’assenza della Chiesa nel suo ambito specifico, l’Italia è la culla della cristianità. Mi auguro che torni ad essere sé stessa, ossia ad evangelizzare, portando la parola di Gesù laddove ce n’è maggiormente bisogno.

Il pontificato di Papa Francesco sta facendo venir sempre meno la dimensione spirituale, specifica del cristianesimo, mettendo in primo piano altre tematiche come quelle dell’ambiente o degli immigrati. Sta dando una dimensione più sociale e militante alla Chiesa e ciò porta il fedele a disorientarsi.

Abbiamo bisogno di un faro che ci illumini, che ci indichi la rotta da seguire ed il percorso spirituale da fare.

Quindi, il Papa può essere la figura di riferimento in questo momento?

Mi sento di dire che il Papa debba fare il Papa e operare in un ambito essenzialmente spirituale.

La Resurrezione di Gesù rappresenta il fondamento cristiano più importante e avere le chiese chiuse in questo momento è da considerarsi un fatto grave, credo che sia la prima volta nella storia in cui si celebrerà la Pasqua in questo modo.

Invece, ci troviamo un contesto dove la Chiesa segue esclusivamente le indicazioni legittime dei medici trascurando l’aspetto interiore di ciascuno di noi. I medici possono definire l’iter per curare un malato o per fare prevenzione, ma non possono imporci il nostro presente o il nostro futuro.

Sono totalmente contrario con coloro che immaginano che la Scienza ci salverà. La Scienza è uno strumento che noi dobbiamo usare per salvarci ma in un contesto dove la salvezza corrisponde ad una visione di civiltà che per il cristiano coincide con il cristianesimo.

Tutti si auspicano un ritorno alla normalità, non credi che sia stata essa stessa il problema?

La situazione era indubbiamente difficile anche prima dell’emergenza e non siamo passati da un giorno all’altro ad una condizione così complicata.

È grave, oggi, il blocco totale delle attività produttive, dell’isolamento di quasi tutta la popolazione, del clima di panico e le conseguenze sono frutto di una gestione sbagliata, anche dal punto di vista medico. L’aspetto importante è che ognuno di noi possa sviluppare anticorpi che ci rendano immuni non solo dal Covid-19 ma anche dalle sue mutazioni future.

Si è rotto il legame di fiducia con lo stato?

Sicuramente. Così come hanno denunciato, giustamente, i rappresentanti di Confindustria e tutti gli industriali delle zone più colpite, che ricoprono il 45% del PIL italiano, se lo Stato non dovesse intervenire in loro aiuto, il protrarsi della situazione porterebbe molte imprese al fallimento.

Anche i Comuni, attraverso l’ANCI, hanno chiesto immediatamente cinque miliardi di euro altrimenti non potranno più svolgere la loro attività.

Questi dati, di fatto, sostanziano un tracollo dello Stato, una crisi strutturale che, di conseguenza, non può che generare sfiducia, che ha un sistema onerosissimo e costosissimo ma che è anche inefficiente e, in alcuni casi, corrotto.

Come si può ricostruire un sistema di fiducia tra i popoli? Come possiamo ristabilire un clima di relazione più forte e autentico?

Volontariato e associazionismo non possono che essere considerati in modo altamente positivo. Ciascuno di noi, per potersi relazionare in modo costruttivo con il prossimo, deve poter dare meglio di sé come persona ma anche membro di una comunità o di una Nazione. È necessario che il popolo italiano ritrovi la capacità di salvaguardare quelli che sono i patrimoni ineguagliabili e inestimabili che consentirebbero di essere il miglior paese al mondo per qualità della vita.

È una forza che si sostanzia con le piccole imprese o i piccoli comuni che, storicamente, hanno fatto grande l’Italia e, oggi, dobbiamo aver chiara una filosofia di vita e di crescita dove dobbiamo essere piccoli dentro per poter essere grandi fuori.

La riflessione che tutti fanno è quella della reazione differente dalla Cina. Cosa significa per te l’Italia non è la Cina? Provocatoriamente, invece, l’Italia sarà della Cina?

Questa è una domanda che ci deve far riflette e comprendere sulla direzione in cui vogliamo andare perché il rischio grosso è che la Cina, super potenza industriale per produzione manifatturiera, tecnologica, industriale e agricola, offuschi tutti i paesi del Vecchio Continente.

Come si può considerare vincente un modello che vede, su un miliardo e mezzo di abitanti totali, trecento milioni super ricchi e il rimanente miliardo e duecento milioni super poveri?

La Gestione dell’emergenza Covid-19 ci dà l’immagine di un paese vittorioso: il primo paese infettato è il primo che, dopo tre mesi, è riuscito a sconfiggerlo ed è stato anche l’unico ad esserci riuscito.

Ci ritroveremo un’Italia e un’Europa cinesizzata dove la Cina rappresenta un modello da emulare. Alcune tendenze sono chiare come quella di un uomo solo al comando, a cui affidare pieno potere esecutivo, senza coinvolgere il parlamento nelle scelte. Così come lo evidenziamo anche dalla presenza sempre più forte dello Stato, con l’intervento dello stesso sull’economia nazionale.

Sul tema libertà, invece, gli Italiani hanno accettato di rinunciare a gran parte di essa per paura di contrarre il Coronavirus. È incredibile la rapidità con cui, di fatto, si sono inchinati a quella che mi sento di etichettare come dittatura sanitaria nel nome della paura del contagio. Ognuno ha accettato di auto-confinarsi, ciascuno nella propria abitazione, ottemperando a provvedimenti sicuramente rispettati ma che possono essere anche contestati.

Non pensi che si debba ragionare in termini diversi quando si fa impresa? Cosa ne pensi di un modello di economia che tuteli, attraverso fondi garantiti alle imprese in periodi di crisi, il mondo produttivo e imprenditoriale?

L’Italia è prevalentemente un Paese manifatturiero, di trasformazione di materie prime in beni e servizi che si connotano principalmente per l’eccellenza e la qualità, così come è un Paese prevalentemente esportatore.

L’adozione dell’euro ha accelerato il processo di impoverimento delle famiglie e si deve aver chiaro che un Paese come il nostro non può permettersi la sospensione della propria attività perché, nel momento in cui i prodotti non dovessero più arrivare ai clienti, rischierebbe di perdere quelle fette di mercato.

Quindi, l’eventuale Fondo di solidarietà è inutile, il problema non è aiutare una tantum un’impresa che non ha registrato del fatturato ma è salvaguardare i mercati perché la globalizzazione significa anche concorrenza sleale ed iniqua.

Dobbiamo far sì che imprese siano in grado, attraverso degli aiuti, di potenziare l’attività produttiva e la capacità, facendo rete, di collocare in modo più efficiente i prodotti italiani sul mercato internazionale.

Hai un messaggio di speranza per gli italiani?

Io mi auguro che ci sia la capacità da parte chi ci governa di individuare la prospettiva che salvaguardi l’interesse per popolo italiano e il bene primario degli italiani. Il messaggio di speranza è nella certezza che dobbiamo e possiamo farcela perché abbiamo dei patrimoni non solo ineguagliabili e inestimabili, invidiati da tutti.

Sono questi patrimoni che ci devono ispirare fiducia e che ci fanno di comprendere che il riscatto della nostra sovranità è possibile e necessario, perché uno Stato deve fondarsi sulla certezza della moneta, delle leggi e della propria sicurezza. Sono tre pilastri su cui oggi noi dobbiamo investire e che ci consentiranno di tornare ad essere una grande Nazione.

Prima di lasciarci, qual è il principio imprescindibile dell’essere giornalista? Hai un ricordo in particolare?

Intanto, ci tengo a dire che ora sono meritatamente in pensione.

Sicuramente sono cambiate parecchie dinamiche. Tuttavia, ritengo che il fulcro importante dell’attività di giornalismo sia la ricerca della verità, salvaguardando la libertà, binomio indissolubile non solo in ambito lavorativo ma anche nella vita di una persona.

Il ricordo più bello credo sia stato l’aiuto che ho potuto fornire, attraverso mia attività, ad alcune persone bisognose. Il giornalismo che si trasforma in persona, dove il giornalista diventa amico vero, autentico e che permane anche oltre all’attività stessa.

Magdi, domanda d’obbligo a cui non puoi sottrarti, qual è la tua camicia preferita?

Una camicia comoda, così come lo è per il maglione, sono un freddoloso. Direi che la camicia più il maglioncino sono d’obbligo.

Se vogliamo, nel mio caso, devo dire che non posso rinunciare alle pantofole. La casa è una dimensione di cui abbiamo massimamente bisogno e mi auguro sia parte integrante di ciò che noi riscatteremo per scelta e non per costrizione da Coronavirus.

Per ascoltare l’intervista completa Clicca Qui

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