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Redazione

04/06/2020

Maniche di Camicia – Maria Rita Acciardi

Intervista a Maria Rita Acciardi, architetto, scrittrice e Consigliere Federale della FIGC-LND

Oggi, abbiamo il piacere di ospitare a “Maniche di Camicia”  Maria Rita Acciardi, rotariana DOC, ex-sindaco di Amendolara per due mandati e presenza attiva con diversi incarichi nella Pubblica Amministrazione.

Di fatto, sei un modello di leadership al femminile nel nostro Paese, come si vive questo particolare momento dalle tue parti?

Innanzitutto, grazie per l’opportunità. La situazione della Calabria è ben diversa da quella più complessa che ha vissuto la Lombardia ma  non è da sottovalutare, infatti, siamo correttamente in quarantena, anche se speriamo di uscirne presto.

Per me, rotariana da tanti anni, le relazioni sociali sono fondamentali e questo distanziamento individuale è un problema.

Da ex sindaco quale sei stata, quanto è difficile per un amministratore pubblico prendere decisioni così vincolanti?

Non è mai facile, ci vuole leadership, autorevolezza, bisogna essere compresi dai cittadini. Dico sempre che governare è un processo a due, formato da chi amministra e da chi è amministrato, come tutte le faccende più importanti della vita e un buon modello di governance è il risultato della perfetta commistione tra le parti.

Come hai gestito e stai gestendo questa nuova dimensione interlocutoria diversa dalla solita?

Sono stata la prima donna che ha avuto un ruolo di responsabilità in una comunità montana in Italia, sono stata anche l’unica donna consigliere provinciale in un gruppo di 36 uomini e ho vissuto il forte maschilismo del mondo del calcio, sono stata a mio modo un’apripista.

L’esperienza più motivante e che ricordo con più emozioni è stata certamente quella di Sindaco e farlo in una realtà così piccola del sud, meno preparata alla presenza femminile e con un contesto difficile di bisogni, diventa un fatto che ti prende cuore e anima.

A proposito, ricordo con grande passione un viaggio che ho fatto con 200 miei concittadini in Argentina, dove c’erano alcuni loro famigliari emigrati anni prima, parenti lontani che si sono potuti riabbracciare e rivedere dopo tanto tempo. Le immagini di gioia negli incontri dopo anni, ecco, queste sono vicende che ti restano impresse nella memoria.

Dove ti hanno portato e cosa ti hanno lasciato i diversi studi che hai condotto sulla differenza di genere?

Mi piace ricordare questo episodio: mi sono laureata in Architettura a 22 anni, andai giovanissima in cantiere e il primo giorno il capomastro mi chiese: <<Signorina, l’ingegnere dov’è?>>.

Ecco, fu proprio il fatto di essere una giovane donna ed un tecnico che lo lasciò perplesso.

Erano gli anni ’70 e, all’epoca, rappresentavo una mosca bianca, ma rimane comunque una delle esperienze migliori della mia vita, invece, nella politica, quando tocchi ambiti complessi, a partire dalle regionali a salire, subentrano dinamiche di tipo diverso e, ancora adesso, per una donna è veramente difficile emergere.

Il divario di genere, purtroppo, è ancora una realtà. 

Cosa significa, per te, essere professionali?

Credo fermamente che ognuno di noi possa essere un momento di cambiamento e che possa diventarne testimone, anche dell’etica, dei valori, dell’integrità e della trasparenza. Ho sempre tenuto presente questo aspetto nella professione, nella famiglia e nell’associazionismo.

Quanto è importante in terzo settore in Italia? Può essere considerato una leva per una ripresa?

Questo momento straordinario sta creando numerose opportunità che dovremmo sfruttare. Ciò ci consente di fare cose straordinarie e, in questo momento di crisi, ci permette di concorrere alla rifondazione del Paese. Inoltre, siamo in un momento particolare perché stiamo aspettando l’annuncio ufficiale dell’eradicazione, per la seconda volta nella storia, di una malattia.

Nonostante l’Italia sia stata additata come untore d’Europa, la popolazione ha risposto con grande forza all’emergenza facendo trasparire un’importante componente di responsabilità sociale. Sei rimasta colpita anche tu da tutto ciò? Abbiamo ancora un’anima sensibile e forte?

Nelle situazioni di emergenza l’Italia batte tutti, esce il lato della solidarietà attiva, una partecipazione sentita e forte che non troviamo in altri momenti della nostra vita. Ciò ci dà speranza per il futuro e per la ricostruzione, dove tutti noi, associazioni comprese, possono dire la loro lasciando un segno tangibile.

Quando vedo l’immagine del ponte di Genova, frutto del talento, della creatività e dell’ingegno degli italiani, costruito in poco tempo nonostante gli appesantimenti burocratici, rinasce la speranza che questo Paese sia capace di tirar fuori gli artigli come nel passato, dimostrando quanto conti ancora il saper agire dell’Italia.

Quanto conta essere leader per i posteri?

Il cambiamento non sta nell’abbattere il vecchio ma nel costruire il nuovo e, in questa nuova costruzione, c’è il trasferimento di tutto quel patrimonio importante che dà continuità.

Occupiamoci del progetto italiano, ce n’è grande bisogno e sono sicura che faremo un grande regalo al nostro Paese.

Quale messaggio vuoi lanciare in questo periodo molto complicato?

Il messaggio è quello dell’ottimismo e della volontà, tenendo presente che la digitalizzazione ha aiutato molto le dinamiche di incontro che non dobbiamo disperdere.

Da rotariana non posso avere che un messaggio positivo e propositivo verso il futuro, verso un senso di appartenenza ad un territorio stupendo, verso il singolo ma anche verso il gruppo che può realizzare progetti insieme.

Rimbocchiamoci le maniche, dimostriamo che per rifondare questo paese non possiamo che partire proprio dalla Cultura, elemento primario di direzione.

Per ascoltare l’intera intervista Clicca Qui

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