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Intervista a Maria rita Gismondo

Redazione

02/04/2020

Problemi e soluzioni globali

Intervista a Maria Rita Gismondo, Direttore responsabile Microbiologia Clinica, Virologia e Diagnostica Bioemergenze Ospedale Luigi Sacco

Facciamo chiarezza, cos’è davvero il Covid-19?
È un virus appartenente al grande genere Coronavirus. Quattro specie sono note come responsabili di banali raffreddori nell’uomo. Dal 2003 sono apparse alcune specie che normalmente vivevano negli animali, si tratta di SARS, MERS e attualmente Covid-19.

Come viene trasmesso il virus, quali invece le false credenze?
Le pubblicazioni ad oggi referenziate indicano un’unica via di trasmissione, quella aerea. Le superfici e i cibi non trasmettono il virus.

Cosa significa isolare il virus?
Quando si ha un tampone positivo, cioè che si è testato con un metodo che mette in evidenza la presenza del virus nel materiale prelevato da un paziente, si può – lo fanno solo alcuni laboratori di ricerca – metterlo a contatto di alcune cellule che si sa sono sensibili all’infezione del virus. In pratica, si simula l’infezione in vitro. Dopo qualche giorno, le cellule si testano per conoscere se il virus si sia replicato o no.

E quanto ci vorrà per individuare un vaccino?
Non prima di un anno.

E per fermare l’epidemia invece?
La fine dell’epidemia dipende da tanti fattori, fra questi i comportamenti dei singoli cittadini. Si crede che ci vorranno ancora alcuni mesi.

Intervista a Maria rita Gismondo

Ritiene che sia vera l’ipotesi che il virus circolasse da tempo e molti Paesi ne hanno ignorato la diffusione?
Ne sono certa. Non lo trovavamo perché non sapevamo cercarlo.

Crede che il nostro Paese abbia sofferto di una inadeguata e poco professionale gestione della comunicazione di crisi, soprattutto nei primi giorni? Si sarebbe potuto evitare, secondo lei, la psicosi collettiva che ne è derivata?
Assolutamente sì. Si è già seminato panico quando avevamo solo due casi importati dalla Cina.

Come giudica l’intervento politico e istituzionale nel contrastare questa crisi? Cosa può ancora essere fatto?
È molto difficile giudicare chi, oltre che alla salute della gente deve tener conto di tanti altri fattori. Finita la crisi, cercheremo di trarne insegnamento. Una cosa certamente mi sento di dire. La comunicazione è sempre stata poco chiara e ha generato, anche a livello internazionale, un quadro errato della realtà.

Da 1 a 10, che voto dà alla sanità italiana in questa situazione di emergenza?
La sanità italiana non esiste, esistono tante sanità italiane. Questo fenomeno ci insegnerà che i diritti della gente non possono essere diversi tra una regione all’altra.

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Di fronte a questa situazione è facile commettere un errore di valutazione, soprattutto nel minimizzare. La sua valutazione che potesse essere un’infezione appena più seria di un’influenza ha diviso l’opinione pubblica e il mondo scientifico. Oggi come rilegge il tutto?
Non ho minimizzato e non sono stata l’unica. Il 23 febbraio lo stesso concetto era stato espresso anche dal collega Pregliasco e poco dopo dalla Capua. Ricordo che negli stessi giorni il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità diceva che il nuovo Coronavirus era meno contagioso del virus influenzale. Fatto che solo successivamente si è rivelato inesatto. Tutti noi abbiamo sempre avvisato che, trattandosi di un virus sconosciuto, la situazione sarebbe potuta migliorare o peggiorare in qualsiasi momento. Comunque, continuo ad affermare che, ad oggi, se guardiamo i numeri, l’influenza provoca 8000 morti indirette all’anno (dati ISS) e 300-400 indirette.
Oggi (14 marzo) abbiamo 1441 morti indirette da Coronavirus (Borrelli 14 marzo). “indirette” vuol dire che il Coronavirus è stata una complicanza di una o più malattie gravi già esistenti.
La vera crisi è dovuta in Lombardia per un gran numero di casi gravi concentrati in un periodo breve e al conseguente intasamento delle Unità Intensive.

Per concludere, che insegnamento ci lascerà questa esperienza?
Che in questa casa Terra siamo tutti insieme, uno acanto all’altro e sempre più vicini. Non esistono problemi di una nazione, ma problemi e soluzioni globali.

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