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Redazione

21/09/2023

Cos’è il Digital Services Act?

Alla scoperta del regolamento che stravolge le BigTech

La legge è materia viva. Anzi, vivissima se il campo da normare è quello dei social media. L’ultima novità introdotta è il Digital Services Act, un regolamento approvato dal Parlamento Europeo il 5 luglio 2022 e diventato pienamente operativo a partire dal 25 agosto 2023. 

Si tratta di una vera e propria rivoluzione che segna un punto di non ritorno per tutti i colossi del web: le VLOSE (Very Large Online Search Engines) e le VLOP (Very Large Online Platforms), ossia le piattaforme che superano i 45 milioni di utenti al mese in Europa. Realtà come Zalando, Amazon, TikTok, Facebook, Instagram, YouTube e Google Play devono assolutamente adeguarsi alla normativa. Lo stesso vale per i motori di ricerca Search di Google, Bing di Microsoft, per Wikipedia, Snapchat, Twitter X, LinkedIn e Booking. 

Cosa prevede il DSA? Il documento alza notevolmente il livello di sicurezza e attenzione richiesto ai colossi del web. Le Big Tech sono chiamate a istituire un team di professionisti deputati a gestire le segnalazioni delle Autorità e degli users. Il sistema di segnalazioni deve essere semplice, efficace e intuitivo. 
Una volta fatte le opportune verifiche, le aziende avranno la facoltà di sospendere gli utenti previo avviso e specifica del perché, se il comportamento verrà reiterato, saranno sospesi. In altre parole, non è più sufficiente comunicare in modo generico che sono state violate le condizioni di utilizzo della piattaforma, ma dovrà essere indicato in modo chiaro e inequivocabile l’esatto motivo per cui, ad esempio, un post è stato cancellato. 

La vera svolta del regolamento è il concetto di analisi del rischio sistemico: ogni anno le VLOP e le VLOSE dovranno redigere un report in cui vengono elencati i rischi emersi sulle piattaforme per la salvaguardia della libertà di parola e dei minori. 

Il tutto è previsto con l’obiettivo di impedire la condivisione e circolazione di contenuti pericolosi, dannosi o illegali come la promozione della violenza o l’istigazione all’odio e al razzismo. L’obiettivo è arrivare a una dimensione digitale realmente trasparente, inclusiva e tutelante dei diritti ritenuti fondamentali dalle carte costituzionali nazionali e internazionali come la libertà di espressione e la privacy.

Un traguardo davvero sfidante, che pone la responsabilità per lo più in campo alle Big Tech, rimanendo implicita la necessità di buon senso nella testa di coloro che stanno dietro a uno schermo armati di mouse e tastiera. Gli Stati Membri hanno tempo fino a febbraio 2024 per designare una autorità nazionale che avrà il ruolo di garantire l’osservanza delle norme del DSA. Nel caso dell’Italia, molto probabilmente si tratterà dell’AGCOM, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

Le aziende che non rispettano le direttive del Digital Services Act rischiano sanzioni che possono arrivare fino al 6% del fatturato globale.  La posta in gioco è quindi molto alta e la severità inevitabile: dura lexsed lex

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